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“Musica”, 324 (marzo 2021)
Tiziana Arnaboldi, dal 2009, potendo disporre al Teatro San Materno non solo della sala e del palco, ma di tutto l’edificio, in particolare delle camere per alloggiare ospiti (danzatori, coreografi, allievi in formazione…), abbandonata ormai da tempo la propria danza, si concentra sulla coreografia e la formazione, sviluppando un percorso sempre più rigoroso, i cui punti forza si possono riassumere in quattro scopi considerati come ideali da raggiungere con un continuo sforzo di ricerca: 1. Dialogo fra le varie arti; 2. Lavoro di formazione; 3. Bellezza come Verità; 4. Aderenza allo spirito del luogo. Si tratta dunque, prima di tutto, di far interagire le varie discipline artistiche, lasciando però al centro, come fulcro, la danza. Non è una novità, in quanto, come abbiamo visto, già con “Attesa ni na na” e, in modo ancora più marcato, con “Dentro Jawlensky”, la Danza era strettamente legata alla Letteratura, rispettivamente alla pittura. Ma ora questa sinergia diventa qualcosa di imprescindibile, qualcosa che è come l’aria che si respira, tangibile, nello spirito del luogo, come ci dice Tiziana stessa: “È da cinque anni che i miei sensi e le mie percezioni vengono alimentate dall`humus e dall`anima di questo unico e magico luogo, il Teatro San Materno. L`ho animato di laboratori di ricerca e creazioni, coinvolgendo danzatori, coreografi, musicisti provenienti da tutto il mondo. Da subito, come entri nell`atmosfera del luogo, il dialogo tra gli spazi fisici e quelli simbolici o immaginari è forte. Invitano alla creazione di nuovi spazi pluridisciplinari in favore a scambi d`espressione, alla ricerca di uno spazio, di nuove trasversalità artistiche, intellettuali e tecnologiche. Un luogo che mi trasmette una grande forza creatrice e l`urgenza che qui l`arte deve abbracciare collaborazioni tra artisti e artigiani, tra filosofi e poeti, tra il fare, il sentire e il riflettere, grazie a continui laboratori, fulcro della formazione impartita al Bauhaus. La danza vuole essere la protagonista al Teatro San Materno, così come lo era con la danzatrice sacra Charlotte Barra. La danza si affiancherà pure alle altre arti, per insieme trovare un dialogo di scambio e confronto fatto di ricerca, produzioni, performance e linguaggi che si completano e dialogano in risonanza l`uno con l`altro e con la nostra cultura. La struttura vuole imporsi come un autentico laboratorio internazionale di ricerca per le arti contemporanee”.
The article contains the bibliography of primary sources at the basis of the Giulia Taddeo Ph.D dissertation titled All’opera ha fatto seguito il ballo: danza e stampa nell’Italia fascista,discussed at the Department of Arts of the University of Bologna in June 2015. The introductory essay aims to show some essential features of Italian journalistic discourse on dance both in linguistic, stylistic and aesthetical terms.
Il passaggio di testimone dall'epoca latina all'alto medioevo L'edificio teatrale romano a partire dal 55 a.C ospita la pantomima, forma teatrale e mimica che esclude la parola e struttura la sua potenza comunicativa nel gesto e nella smorfia. Tale prassi mostra anticipatamente l'indebolimento della rappresentazione drammatica di epoca greca. L'attore latino diviene una presenza corporea più che un vero e proprio interprete, l'eredità lasciata dal mondo classico al Medioevo è la distanza tra il pubblico e l'attore o interprete. Ciò fa sì che si delinei la centralità del soggetto protagonista difronte ad una platea di spettatori. Il secondo lascito deriva dal fatto che l'evento teatrale sia in sostanza un momento di importante vita sociale e di partecipazione rituale. Fondamentalmente però, in epoca medievale la chiesa oppose una forte critica al teatro pagano, portandolo in pochi decenni a scomparire del tutto a favore di altre tipologie di rappresentazioni religiose. Da S.Agostino a Tertulliano le critiche al teatro ed alla performatività si scagliavano apertamente diffondendosi tra la plebe e le classi colte, e fu così che i sostenitori di tali discipline orrende e maliziose furono messi al bando. Come sostituto si diffusero dei balli popolari dove historiones, mimi e saltatores si dedicavano a coinvolgere il popolo in momenti di ritualità collettiva. Alla cultura contadina appartenevano anche i cosi detti balli propiziatori, spesso dedicati al buon auspicio dell'agricoltura. Questi balli contemplavano l'utilizzo di maschere, mantelli e strumenti realizzati artigianalmente i quali dovevano fungere da amuleti o simulacri propiziatori. Così parallelamente mentre la Chiesa bandiva con i suoi concili le arti coreiche, le comunità rurali rinventavano spesso supportate dalle chiese locali formavano una nuova arte performativa di matrice cristiana. I periodi di maggiore diffusione delle feste liturgiche si aveva in prossimità delle feste del calendario cristiano, tra cui la pasqua, il Natale, la Santa festa dei Morti, ecc. Il giullare, è una figura che diviene gradualmente presente in tutte le corti di Europa a partire dal 700 d.C, ancora sino quasi al 1000 non detengono un vero e proprio nome ed una categorizzazione sociale definita. Nonostante ciò i giullari diffondono in maniera capillare la riscoperta della gestualità e della danza nei borghi medievali; attraverso una mimica drammatica, a volte grottesca inscenano personaggi di varia natura spesso senza cambiare il costume ma trasformando l'espressione del volto; una (tecnica cinesica) che trasforma il giullare in una maschera. Di ulteriore successo in questi anni erano i balli; sia solistici che di gruppo (carola e farandola) ed il giullare funge da animatore dell'atmosfera di festività. La figura del Giullare è da sempre associata al viaggio, come similmente ancora oggi si manifesta per gli artisti di strada o per le tournée delle compagnie di teatro. Sulla danza, sempre più tipi di tipologie che a livello assumono un successo sempre crescente; trovano diffusione non solo balli di gruppo o individuali, tratteggiati in un atmosfera solare e talvolta comico/erotica; si diffonde anche la tradizione della danza macabra. La danza macabra è un rituale dedicato alla morte, e si svolgeva spesso nelle chiese o nei cimiteri, la tipologia dei movimenti era caratterizzata da movenze spesso ripetute, un'allusione ritualistica di forma estatica. La civiltà cortese, a patire dal 1100 avviene un processo di normalizzazione della figura del giullare: saranno Tommaso d'Aquino e San Bonaventura a parlare accoscindentemente nei loro scitti di queste figure sorte nella società. Nel frattempo nella chiesa d'Oriente, andavano diffondendosi altre forme di danza liturgica; ritualità che spesso coincidevano con le feste del calendario cristiano. A questo punto, massimamente la recitazione e gli spettacoli di festa vennero riconosciuti dal papato come strumenti di evangelizzazione ed utilizzati frequentemente per diffondere la cultura cristiana tra le corti e per le vie dei borghi. Con l'intromissione della chiesa, il panorama delle offerte spettacolari si rinnovava notevolmente, la prosa ritornava prepotentemente al centro della scena. Nelle corti di tutta Europa, parallelamente si diffusero le serate danzanti le quali detenevano una primaria importanza sociale, frequentemente cortigiani viaggiavano da un borgo all'altro per partecipare a queste feste che divenivano spesso foriere di nuove unioni e coalizioni.
Director, set designer, historian, theatrical critic and theorist, Anton Giulio Bragaglia has been one of the few italian intellectuals interested in dance during first half of the twentieth century. The essay tries to recreate the key elements of his thought on dance through an analytical interpretation of the main volumes he wrote on this subject between the Two World Wars.
Essay, in the film journal “Immagine – Note di Storia del Cinema” n. 9, 2014 (La danza nel cinema muto / Dance in Silent Cinema), ed. Elisa Uffreduzzi e Cristina Jandelli. ©2014 by Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema – Rome. Bologna: Paolo Emilio Persiani editore, 2014, 45-78.
Milano: doppiozero
Immergersi nel luogo preselto. Harald Szeemann a Locarno, 1978-2000.2013 •
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Un “enfant terrible” che guardava lontano (Vinicio Salati 1908-1994)Arte&Storia, VIII/45, dicembre 2009
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Alaleona, Liviabella, Dallapiccola: tra nuovi linguaggi e tradizioni musicali popolari2007 •
Bolero-Spadò: Alberto Spadolini, una vita di tutti i colori, Marco Travaglini (ed.), Modigliana, Litografia Fabbri, 2007, pp. 118-126. Exhibition Catalogue, Sala Imperatori, Porto San Giorgio (Fermo), Italy, 10 August – 9 September 2007.
Alberto Spadolini e la danzaStoria della Musica (a cura di L.Pestalozza e R.Favaro), Warner
La popular music1998 •